Nella vita di un freelance ci sono decine di dettagli da tenere a mente: cose da fare, scadenze da non bucare, impegni improrogabili e comunicazioni urgentissime. Non è facile destreggiarsi, specie se di natura si è caotiche (come me) o se si risponde agli stimoli in modo immediato (come Chiara), per cui ‘organizzarsi’ può significare fare spazio sulla scrivania buttando a terra con una manata sei pile chilometriche di cartacce che stanno lì dal Giurassico (nel mio caso) o ricordarsi all’ultimo secondo di una mail importantissima e spedirla con lo smartphone da sotto la doccia (non so se Chiara l’abbia mai fatto ma mi sembra il tipo, conoscendola).
A doppioverso ci chiediamo spesso come ovviare ai nostri limiti personali (certo, ci chiediamo anche come imparare a conviverci senza fustigarci e senza essere divorate dall’ansia) e per questo sperimentiamo metodi sempre nuovi per essere efficienti, con una determinazione tutta particolare, quella che solo gli ossessivi mettono in atto davanti a una sfida. Ci abbiamo anche scritto dei post, (perché ehi, se siamo ossessive noi perché non possono diventarlo anche i nostri lettori?) in cui spieghiamo con dovizia di particolari e segreto godimento (sì, è vero, siamo un po’ Furio) come non procrastinare, come archiviare documenti e file, come gestire lo stress da iperlavoro, come riordinare i social secondo il metodo Marie Kondo.
Una cosa di cui non ci eravamo mai occupate è questa: come organizzare il calendario, l’agenda, insomma l’oggetto fisico su cui appuntare tutto. Qui l’esperta sono io: da anni, con implacabile maniacalità, ogni gennaio compro Moleskine, agende, diari, ad anelli, a spirale, a righe, a quadretti, giornaliere, mensili, settimanali, epocali, cercando la soluzione giusta. Ho cercato, cercato, cercato, e poi comprato, buttato e comprato di nuovo, finché sono incappata in un sistema che mi ha cambiato la vita: il Bullet Journaling (BuJo per gli amici) (e per le fissate di Pinterest) (e per me) (che sono anche una fissata di Pinterest).
Sì, ma che è?
Il Bullet Journaling è un sistema di organizzazione degli impegni su carta, flessibile e personalizzabile ma con alcuni punti fermi, inventato nel 2013 da Ryder Carrol. A partire da un semplice taccuino, il Bullet Journaling vi consente di tenere traccia di tutto ciò che vi interessa, eliminando le distrazioni e limitando al massimo le procrastinazioni. (Non starò a spiegarvi nel dettaglio come funziona, potete a grandi linee vederlo nel video introduttivo realizzato proprio da Carrol e inserito qui sotto, e se siete interessati a capire come il metodo possa applicarsi alla caotica vita dei freelance leggete fino alla fine perché c’è una chicca per voi.) Il punto che mi preme sottolineare è che quello che era nato come un metodo personale è diventato presto un fenomeno virale, tanto che non mi stupirei se qualcuno mi dicesse che i siti e i blog dedicati al BuJo hanno più visite di YouPorn (magari non dagli stessi utenti, ma vai a sapere, col BuJo potete catalogare anche i filmini zozzi che ancora non avete visto, quindi…).
Perché piace tanto?
Ricordate cosa ho scritto poco fa? Che non ero mai riuscita a trovare un metodo che funzionasse? Ecco, il problema è proprio quello. Non avevo bisogno di un metodo che funzionasse in generale, avevo bisogno di un metodo che funzionasse per me. Ho di recente letto un articolo che sostiene che, anche avendo la possibilità di un lavoro fisso (il classico impiego “9-to-5”), i millennials sono naturalmente portati al freelancing, a reinventarsi professionalmente di continuo, a vedersi come nomadi digitali più che come animali da scrivania. Loro saranno portati, ma noi li seguiamo a ruota, che ci piaccia o meno, perché questo vuole il mercato. Essere freelance significa sostanzialmente avere una vita uguale a quella di nessun altro: non c’è da stupirsi che anche la nostra agenda non debba somigliare a nessuno se non a noi, e non rispondere ad altre esigenze che alle nostre. Le nostre otto ore lavorative potrebbero andare dalle 6 alle 10 e poi dalle 16 alle 20, perché ci piace avere la giornata libera per le commissioni; o potrebbero seguire i ritmi di figli e famiglia, per cui siamo operativi fino all’ora di pranzo e poi dopo cena. Nell’agenda potremmo aver bisogno di segnare gli appuntamenti dal veterinario dei nostri sette gatti, o di spazio per buttare giù idee per post o webinar; di un habit tracker in cui segnare ogni volta che facciamo yoga o finiamo un capitolo del romanzo apocalittico che stiamo scrivendo, o di una lista di cose costruttive da fare a ogni pausa pomodoro che non siano “guardare una ricetta di polpettone vegano su YouTube mangiando un hamburger”. E, diciamoci la verità, nessun planner in commercio potrebbe, anche volendo, tener conto di queste variabili per ogni singolo acquirente.
Perché funziona?
L’estrema flessibilità e adattabilità del Bullet Journaling permette di scoprire insomma il sistema perfetto per noi: c’è chi riempie il suo taccuino di disegnini, chi lo usa anche come diario, chi lo vuole minimalista al massimo (di solito i blogger svedesi, c’è questa cosa con gli svedesi e il minimalismo che ancora devo capire bene), chi lo riempie di scarabocchi. C’è anche chi, come me, alla sola idea dei disegnini si fa venire l’ansia, ma con gli scarabocchi si trova benissimo. C’è chi ci inserisce liste di libri da leggere, progetti da realizzare, chi ci segna le date entro cui cambiare gli spazzolini o ripulire il garage. Il bello è proprio questo: ci metti quello che vuoi ed è tutto nello stesso quaderno (che a quel punto proteggi manco fosse Fort Knox, e se incontri uno scippatore preferisci dargli il bancomat che la Moleskine). Inoltre, attorno a questo metodo sono nate intere comunità virtuali, con tanto di metodi-figli e sottometodi, e vi basterà fare un giro su Pinterest per capire quanto è facile non solo trovare quello che fa per voi o scartare, senza troppi sensi di colpa, ciò che non vi piace, ma anche farvi guidare da qualcuno che ha incontrato prima di voi le stesse difficoltà con un aspetto in particolare (la somiglianza con YouPorn aumenta, sto notando).
Ma insomma, il BuJo è perfetto?
Macché. Io, ad esempio, trovo faticoso l’impegno richiesto per la preparazione (perché, partendo da un taccuino, sarete voi a disegnare griglie, trascrivere calendari, inserire box, progettare insomma pagina dopo pagina l’intera struttura), perciò, lo confesso candidamente, uso il BuJo come agenda settimanale e taccuino di “varie” e poi un planner “preconfezionato” come agenda giornaliera. E per le cose che trovo più snervanti baro spudoratamente, come con questi impagabili stickers calendario che con le spese di spedizione costano un occhio della testa ma per quel che mi riguarda potrebbero costare anche una lobotomia e li comprerei lo stesso. Prendo insomma il principio del BuJo e lo porto alle estreme conseguenze: tieni ciò che funziona bene per te, scarta il resto.
Cosa serve per cominciare?
Poco, in verità. Un taccuino (i migliori, dicono, sono i puntinati formato A5 della linea originale Bullet Journal, appunto, o della Leuchtturm1917, ma io trovo ottimi, soprattutto per cominciare, gli economici spiralati di Muji). Una penna a punta sottile, e se vi sentite ispirati articoli di cancelleria vari: pennarelli, penne colorate, gli ormai onnipresenti washi tape. Un paio di blog per capirci qualcosa di più, come questo o questo e, se siete in vena di farvi un regalo, un corso dedicato all’utilizzo del Bullet Journaling nell’organizzazione del lavoro dei freelance, traduttori in particolare ma non solo: per esempio i due appuntamenti webinar organizzati da STL Formazione per il 26 gennaio e 2 febbraio prossimi con la nostra guru Federica Aceto, guru di traduzione e maestra suprema di procrastinazione e caos, ormai evidentemente convertita all’efficienza sopraffina (ancora due giorni per decidere di partecipare, le iscrizioni scadono il 20 gennaio). Perché se ha conquistato anche lei, allora significa che il metodo funziona davvero. Parola di Furio.
🙂
Ecco un pezzetto della nostra ispirazione! 🙂
Mi piace troppo il blog di Doppioverso,
soprattutto quando scopro di essere arrivato da solo a capire cose che poi si sono dimostrate giuste - quando ho traslocato e fatto forzatamente decluttering (diciamo pure Cluttericide) ho deciso che a casa nuova (che, consciamente o meno, ho scelto più piccola e meno clutter-friendly della precedente) avrei tenuto meno roba possibile.
E sono stato meglio, ma meglio tanto.
Idem per i social: un po’ per pigrizia, un po’ perché sono un mezzo dinosauro (born in 1973) li ho aperti poco per volta e mi sto rendendo conto che il mio profilo twitter potrei pure mandarlo a quel paese che non lo uso mai.
Brave Barbara e Chiara,
All Hail Doppioverso!
Da traduttrice confermo: non so come farei senza il mio bujo! Realizzato sulla base di un quadernino di Tiger, con tutte le mie liste, scadenze, impegni… un mai più senza.