Ogni giorno, nel mercato editoriale italiano, un traduttore si sveglia e sa che dovrà correre più veloce dei colleghi che fanno dumping e lavorano a compensi da fame – se non addirittura gratis – e dei committenti che vogliono approfittare della sua buona fede e del radicato pregiudizio per cui se fai un lavoro bello, entusiasmante, che ti piace, un po’ la devi scontare, almeno dal punto di vista economico, perché “se non soffri è un hobby, una passione. Se non soffri non è lavoro”.
Al contrario di quanto si sarebbe portati a credere, orientarsi in questa giungla non è difficile solo per i colleghi alle prime armi, ma anche per molti di noi cosiddetti “veterani”, spesso non pienamente consapevoli dei diritti che ci spettano. Dalle mail che riceviamo – e da molti commenti in calce ad alcuni post del nostro blog – è emerso infatti come per i più la questione della tutela giuridica delle traduzioni sia una gigantesca nebulosa. Per provare a dissipare qualcuno di questi dubbi, abbiamo deciso di dedicare la nuova puntata della rubrica “doppioverso risponde” a questo tema, avvalendoci del prezioso aiuto della collega Elisa Comito, che coordina il servizio di consulenza contrattuale di STRADE, il Sindacato dei traduttori editoriali, e gentilmente ha accettato di rispondere al alcune domande. Ecco qui cosa ne è venuto fuori.
Partiamo dalle basi. Si sente spesso parlare sia di contratto di edizione che di contratto di traduzione. Sono la stessa cosa? Se non lo sono, come li si distingue? E un traduttore editoriale quale dei due dovrebbe firmare?
Sono due cose diverse: il contratto di edizione è un tipo di contratto disciplinato dalla Legge 633/41 sul diritto d’autore, ed è “il contratto con il quale l’autore concede a un editore l’esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell’editore stesso, l’opera dell’ingegno” (che può anche non essere una traduzione). Prerequisito indispensabile è la previsione di pubblicazione dell’opera (per esempio non avrebbe senso sottoscrivere un contratto di edizione per la traduzione di un copione per una rappresentazione teatrale) e uno dei due contraenti dev’essere per forza di cose un editore, in quanto altri soggetti non sarebbero in grado di adempiere agli obblighi che la legge pone a carico dell’editore.
Non tutti i contratti di traduzione sono dei contratti di edizione e, se questo è normale nel caso il cessionario dei diritti appartenga a un settore diverso dall’editoria, è invece un errore quando si traduce per un editore. È un errore perché il contratto di edizione prevede una serie precisa di doveri e diritti reciproci fra editore e autore ed è stato istituito per proteggere il contraente contrattualmente più debole, ovvero l’autore.
Nel verificare se il contratto che ci viene proposto è un contratto di edizione non possiamo fermarci al titolo (non è il nome a stabilire la natura del contratto ma il suo contenuto) mentre anche un contratto genericamente chiamato “contratto di traduzione”, “accordo tra le parti” , “scrittura privata” ecc. può essere a tutti gli effetti un contratto di edizione se rispetta i criteri di legge. I traduttori possono documentarsi in merito sul sito di STRADE e sul Vademecum legale e fiscale pubblicato dal sindacato, oltre a scaricare il contratto di edizione modello dal sito. Non è possibile fornire criteri semplicistici per riconoscerlo perché può avere diverse forme. Si va da contratti molto succinti a contratti dettagliatissimi, a volte sotto forma di scambio di lettere. Inoltre un contratto di edizione è riconoscibile non solo dalle previsioni che riporta ma anche da quelle che non deve riportare, in quanto sarebbero incompatibili con questo tipo di contratto. Intanto posso dare un’indicazione basilare: il contratto di edizione non deve mai parlare di “vendita” di diritti ma solo di cessione (che sarà a termine). Qualsiasi contratto che preveda la “vendita” incondizionata e illimitata di “tutti i diritti” (o formule analoghe) certamente non è un contratto di edizione e non va firmato.
Benissimo: una volta capito qual è contratto che ci interessa e quindi se firmarlo, quali sono le clausole capestro da evitare? C’è qualcuno che possa aiutarci a capire se un contratto è una fregatura?
Le clausole capestro nei contratti proposti ai traduttori purtroppo abbondano. Possono prevedere la cessione dei diritti in via definitiva (che come abbiamo visto è illegittima nel contratto di edizione); la riserva dell’editore di accettare o meno la traduzione a suo insindacabile giudizio, e in caso di non accettazione non pagare il traduttore; la facoltà di non pubblicare l’opera (clausola illegittima nel contratto di edizione che, in caso di mancata pubblicazione, dà all’autore la possibilità di recuperare i diritti); la facoltà dell’editore di modificare arbitrariamente la traduzione (clausola illegale a prescindere dal tipo di contratto, perché lede il diritto morale dell’autore di rifiutare le modifiche che ritenga dannose per l’opera e per la propria reputazione professionale); tempi di pagamento ben oltre il massimo di 60 giorni previsto dall’attuale normativa europea o addirittura termini aleatori tipo il pagamento “all’approvazione della traduzione” senza che vengano specificati i termini dell’approvazione o alla pubblicazione (che può avvenire o non avvenire); previsioni scorrette sull’indicazione del nome del traduttore (che per legge dev’essere apposta sul frontespizio o sulla copertina del libro); clausole che stabiliscano che l’unico foro competente in caso di controversie sia quello del luogo dove ha sede l’editore ecc.
Molti contratti di traduzione sono infarciti di clausole vessatorie non solo per cattive prassi editoriali ma anche per un’insufficiente conoscenza dei propri diritti da parte dei traduttori. Per aiutare a orientarsi, STRADE fornisce un importante servizio di consulenza contrattuale, all’indirizzo [email protected]. Si tratta di un servizio che è stato sviluppato per gli iscritti e poi aperto anche agli esterni, ai quali è richiesto un modesto contributo.
La consulenza può essere richiesta sia prima che dopo la stipula del contratto. Le consulenze pre-contrattuali servono nel caso un traduttore voglia proporre a un committente un contratto elaborato personalmente o desideri una valutazione del contratto che gli è stato proposto. Se lo desidera il collega può avvalersi anche dell’aiuto di una legale esperta nell’editoria e nel diritto d’autore a tariffe convenzionate, che comprendono una prima consulenza gratuita.
L’assistenza post-contrattuale riguarda invece le problematiche nate a contratto già firmato, dalle contestazioni pretestuose della traduzione alla non corretta indicazione del nome del traduttore, dalle inadempienze nei pagamenti alla violazione dei diritti morali del traduttore causata, per esempio, da un processo di revisione non corretto. La casistica è molto varia.
Torniamo un momento sulla questione della cessione. Il traduttore cede la sua traduzione? Cede i diritti? Cosa significa esattamente? Che differenza c’è?
Per la legge italiana, il traduttore letterario (in senso lato) a partire dalla creazione dell’opera gode di tutti i diritti morali e di utilizzazione economica esclusivi sulla stessa. Sono “diritti esclusivi”, nessuno può sfruttarli senza la sua autorizzazione, pena incorrere in un reato. Il traduttore non “cede” la sua traduzione in toto, perché in nessun caso la paternità della stessa e la titolarità sull’insieme dei relativi diritti possono passare all’editore, in quanto la normativa non ammette la cessione dei diritti morali.
Quindi il traduttore non cede l’opera del suo ingegno, ma concorda con l’editore le condizioni alle quali quest’ultimo può sfruttarne i diritti economici che gli interessano per un determinato periodo di tempo.
Se un committente parla di vendita della traduzione o di cessione incondizionata dei diritti deve scattare un campanello d’allarme. Non si può, è contro la legge.
Veniamo infine alla questione forse più spinosa agli occhi dei nostri lettori. Possiamo contestare o chiedere di modificare un contratto che non ci convince? Come possiamo impostare il discorso con l’editore senza perdere il lavoro? Ribellarsi è lecito?
Il contratto, lo dice il nome stesso, dev’essere frutto di una contrattazione. L’accordo tra le parti è un requisito essenziale per la sua validità. Quindi il traduttore non solo può ma deve chiedere di modificare le clausole che non lo convincono. Quasi tutti gli editori hanno un modello di contratto standard per le traduzioni ma non si aspettano che i traduttori lo sottoscrivano tal quale. Gli editori seri, abituati a lavorare con professionisti, trovano normale che il traduttore contratti. Viceversa, nella nostra esperienza, sono gli editori più scorretti che mostrano resistenze alla contrattazione sostenendo che tutti i traduttori con i quali lavorano (sempre “il fior fiore”, a loro dire) accettano quel contratto senza trovare nulla da eccepire. Alcuni giungono ad affermare che “il contratto non è modificabile in quanto appositamente formulato dal nostro studio legale specializzato”, come se il consulente legale di una delle parti contraenti potesse legittimamente disporre della volontà dell’altra parte!
In ogni caso, quando un editore si accorge di trattare con una persona che conosce la legge e i propri diritti ne ha maggior rispetto e fa più attenzione alle condizioni che propone.
Bisogna sfatare il timore che la contrattazione comporti, di per sé, il rischio di perdere il lavoro. Di solito porta invece a ottenere condizioni migliori. A patto, ovviamente, che sia portata avanti con fermezza ma anche con cortesia e attenzione verso le reciproche esigenze. Saper contrattare è una competenza indispensabile per un traduttore, che si può sviluppare. Non significa veder accettare tutte le proprie richieste e riuscire a ottenere un contratto ideale. La disparità di forza contrattuale tra una casa editrice, soprattutto se grande, e un singolo traduttore, soprattutto se inesperto, è tale che tutti i traduttori sono costretti in alcune occasioni ad accettare contratti sbilanciati a favore dell’editore. Ciò non toglie che ci sia quasi sempre un margine di contrattazione. Il “quasi” dipende dal fatto che in rari casi si riscontra effettivamente una totale chiusura da parte dell’editore e il traduttore deve decidere se accettare di firmare il contratto tal quale o rinunciare al lavoro. In questi casi è necessario valutare con attenzione le clausole capestro che l’editore ci chiede di firmare perché, a seconda delle conclusioni, può essere opportuno agire in modo diverso (ci sono infatti clausole nulle in quanto contro la legge, che prevale sempre sul contratto, oppure scritte in modo da risultare non valide, nulle o annullabili; in questi casi il traduttore, anche se le firma, può sempre eccepirne la validità).
Comunque ogni traduttore deve decidere quali sono gli standard contrattuali – in termini di riconoscimento, condizioni di lavoro e compensi – al di sotto dei quali è preferibile rinunciare alla traduzione.
Svendere i propri diritti non è mai una strategia vincente, né per se stessi né per la categoria. Accettare qualsiasi condizione pur di tradurre un libro non è un’opzione praticabile per un traduttore che abbia rispetto di sé e del proprio ruolo.
Perdere dei lavori per non sottoscrivere contratti indecenti fa male, lo so, è capitato anche a me. Ma nel curriculum di ogni traduttore, oltre ai libri tradotti, ci sono quelli sacrificati per fare con coscienza il proprio lavoro. Finché non ne ha “all’attivo” almeno uno un traduttore non può dirsi all’altezza della sua professione.
Elisa Comito vive a Roma e lavora come traduttrice dall’inglese, dal francese e dal romeno. È iscritta a STRADE, AITI e all’albo dei consulenti linguistici del tribunale di Roma. Per STRADE coordina il servizio di consulenza contrattuale, una delle attività della squadra legale del sindacato, attualmente impegnata nella costruzione di una rete legale a sostegno dei traduttori, nel monitoraggio della situazione dei diritti e dei contratti a livello italiano ed europeo di concerto con il CEATL (Consiglio europeo delle associazioni dei traduttori letterari) e nell’elaborazione di proposte contrattuali che alzino lo standard del settore.
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Post molto utile e interessante. Vi ringrazio tutte e tre.